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Sotto le Luci della Sharia - Cap 3


di matteol77
04.10.2024    |    1.877    |    0 7.7
"Le ombre danzavano sulle pareti in una coreografia grottesca, allungandosi e contorcendosi come anime dannate..."
# Capitolo 3: La Stanza degli Stracci. Il Trono del Tiranno

Rick, rannicchiato nell'angolo della cella come un topo in trappola, contava i secondi. Tic, toc, tic toc. Il suo cuore martellava un ritmo frenetico, un tam-tam tribale che annunciava l'imminente sacrificio della sua sanità mentale.

Un gabinetto rotto e fetente vicino a lui gocciolava incessantemente. Una tortura cinese in versione mediorientale. Ogni goccia era un chiodo nel suo cervello. Un promemoria della sua situazione di merda.

Il costume della festa era ormai ridotto a uno straccio luccicante, un faro di patetica ironia in quell'oceano di squallore. Il trucco sbavato e colato trasformava il suo volto in una maschera grottesca. I colori vivaci del make-up, pensati per enfatizzare il suo aspetto femminile, erano ormai ridotti a striature sbiadite.

Poi, il cigolio della porta lacerò il silenzio putrefatto della cella. Un suono che prometteva cambiamento, ma non necessariamente salvezza.

Due guardie carcerarie, come mastini in uniforme logora, entrarono.
I loro occhi scandagliarono la massa di carne umana ammassata nella cella come fari in un mare di miseria, finché i loro sguardi si posarono su Rick.

"Tu, americano," chiamò una di loro. "Venire con noi."

Con un misto di sollievo e apprensione, Rick si alzò, ignorando i fischi e i commenti che lo seguirono mentre veniva scortato fuori dalla cella.

"Arrivederci, principessa!", ululò qualcuno dal fondo.

"Se tornare vivo, teniamo posto caldo!", concluse un bastardo tatuato fino al collo palpandosi il pacco.

Le guardie afferrarono Rick per le braccia, le loro dita che affondavano nella carne come artigli. Lo trascinarono fuori dalla cella.

"Dove mi state portando?" azzardò Rick realizzando in maniera crescente che qualunque cosa stesse per succedere non sarebbe stato piacevole.

La guardia alla sua destra gli rivolse un sorriso che avrebbe fatto sentire a disagio uno squalo.

"Tu fare domande?" rispose. Il suo tono un mix di divertimento e minaccia. "Noi portare te dove tu dare risposte. Molte risposte."

Rick deglutì a fatica, realizzando che stava per passare dall'inferno al purgatorio, un' upgrade che prometteva di essere tanto piacevole quanto un calcio nelle palle.

Mentre si avvicinavano a una porta alla fine del corridoio, Rick si chiese se questo sarebbe stato il momento in cui avrebbe dovuto chiedere i suoi diritti. Quei fottuti diritti che sembravano così importanti nel mondo civilizzato, ma che qui sembravano valevano meno della carta igienica usata.

Rick fu spinto bruscamente dentro quella che si rivelò essere la stanza del comandante. Entrando inciampò su una mattonella mancante dovendo lottare per rimanere in piedi.

L’ufficio era una stanza fumosa che puzzava di sudore marcio e quel disinfettante industriale da quattro soldi che usano nei supermercati, mischiato a un odore pesante di kebab forse andato a male.

Al centro della stanza troneggiava una scrivania. Un relitto di metallo reduce di mille interrogatori e altrettante confessioni estorte. I suoi cassetti custodivano segreti più oscuri di un pozzo di pece.

E dietro quel monumento alla burocrazia corrotta giaceva lui: il comandante Haddad.

Un colosso di carne tozzo e sovrappeso, di mezza età, da far sembrare la sua divisa un involucro di salsiccia troppo stretto. Sulla giacca scura, tutta medaglie e cazzate varie, una vera e propria festa dell'autostima per megalomani.

Due baffi enormi, si muovevano su e giù mentre ansimava come se avesse appena corso una maratona. Sembrava uno di quei dittatori del cazzo che vedi nei film, solo più patetico.

La sua pelle, di un tono leggermente olivastro, risaltava in modo stridente con la brillantezza del suo cranio, un deserto di calvizie punteggiato da pochi ciuffi ribelli grigi incollati al cuoio capelluto con abbondante brillantina, che luccicava sotto la luce fioca della stanza.

Appena Rick fu piazzato davanti a lui, i due energumeni che l'avevano trascinato lì, si sciolsero in una risata sguaiata dicendo al comandante qualcosa in arabo che suonava come una battuta o una barzelletta di merda.

Il comandante rispose con un'espressione che sembrava un misto tra sarcasmo e disprezzo. Le loro risate si fusero in una cacofonia di divertimento sadico, facendo accapponare la pelle a Rick.

Prima di andarsene uno dei due mastini lanciò un ultimo sguardo a Rick, un ghigno che prometteva che il peggio doveva ancora venire. La porta si chiuse dietro di loro con un tonfo ed il clack della serratura, lasciando Rick solo con il suo nuovo "amico".

Il ciccione si alzò dalla sedia, che cigolò come se stesse per crollare. Guardò Rick dall'alto in basso.

"Siediti," ordinò, parlando un inglese scarso. Indicò una sedia sgangherata davanti la scrivania.

Rick si sedette, sentendo il cuore che gli batteva così forte che pensava gli sarebbe uscito dal petto. Poi, si guardò intorno.

La stanza era spoglia come il culo di un babbuino, con solo qualche poster militare alle pareti e una lampadina triste che penzolava dal soffitto.

Sopra di loro, un ventilatore a pale girava pigro. Faceva un rumore disturbante, un misto tra lo stridio di un gatto in calore e il rantolo di un fumatore incallito.

Le pale, coperte di uno strato di polvere così spesso che sembrava pelliccia, tagliavano l'aria densa creando vortici che facevano svolazzare le carte sulla scrivania. Le ombre danzavano sulle pareti in una coreografia grottesca, allungandosi e contorcendosi come anime dannate.

Fu allora che lo vide.
Da un cassetto mezzo aperto della scrivania di Hassad spuntava la pagina di una rivista porno. Non una di quelle soft, no. Era una di quelle riviste hard, con la copertina così esplicita che avrebbe fatto arrossire anche un puttaniere.

Con un grugnito che sembrava il verso di un ippopotamo, il colosso in uniforme andò a sedersi sul suo trono improvvisato e si accese una sigaretta.

Il primo tiro fu profondo, come se stesse cercando di aspirare non solo il fumo, ma anche l'anima di Rick, poi si sporse in avanti. La pancia che spinse la scrivania di qualche centimetro.

"Allora, ballerino", disse con voce grossa. Il fumo usciva dalla sua bocca e dal naso come ad un drago. "Pronto a cantare?"

Rick deglutì a secco. Era come essere finito in un film dell'orrore di serie B, solo che questa volta era tutto fottutamente reale.

Continua...



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